GUARDANDO ALL’OSCURITA’ DEL FUTURO
Su Sandra Mujinga.
Come sarebbe se all’improvviso la terra si popolasse di figure giganti, titani incappucciati appartenenti, proprio come noi, a questo pianeta. Non alieni, ma gentili e sconosciuti antenati che tornano da tempi passati in nome di una narrativa di speranza e rivalsa. Aggirandosi maestosi ed oscuri questi Secret Keepers lasciano, al loro passare, una sensazione di appartenenza a chi si riconosce in loro ed umile riverenza per chi invece è stato complice, consapevolmente o meno della loro scomparsa. Durante il loro pellegrinaggio verso mete sconosciute, a volte si fermavano ad osservare le voragini lasciate dalla loro rimozione dalla narrativa storica. Tuttavia, determinati si dedicano alla pratica della trasformazione, insediandosi come a rivendicare una posizione nella memoria, nelle stanze dei musei, nelle piazze delle città, nelle menti delle popolazioni emarginate ed insinuano un pensiero di rivalsa e nuova interconnessione.
Il nostro tempo, sull’orlo del crollo del sistema monoculturale di valori occidentali, richiede la formulazione di possibilità per il futuro. Tra le molte narrazioni che pattugliano il tempo dell’avvenire con uno scopo preventivo e quindi di dominio, alcune pratiche lo affrontano rendendo visibile e portando al presente le culture, i valori e le tradizioni di coloro i quali sono stati emarginati, subordinati, assassinati in nome della supremazia occidentale. Tali pratiche, pensando con Alexander M. Joaqui [1] possono essere definite oppositive, in quanto impongono una diversità di soggettività necessaria alla coltivazione dell’autodeterminazione collettiva e quindi sociale della molteplicità. In accordo a questo approccio, i futuri possibili devono essere risuscitati dai passati che sono stati cancellati dalle violenze coloniali ed alimentati e attivati nel presente, così esistendo in molte forme ed essendo vissuti da soggetti diversi, si ribellano ad un singolo profilo culturale.
L’artista norvegese, di origini congolesi Sandra Mujinga, fa spazio con le sue creazioni, a diverse temporalità che infiltrano il presente, facilitando la manifestazione di relazioni e riflessioni sociali più vicine alla complessità degli avvenimenti storici. Lo fa, immaginando e richiamando al presente i corpi forzati alla diaspora, che prendendo forma nelle sue sculture e nei suoi ambienti immersivi fanno del mimetismo una risorsa per la sopravvivenza. Come personaggi composti da drappeggi di tulle e provenienti da un mondo di ombre riflettono gli sguardi che emergono dall’oscurità della storia. I loro volti sono spesso celati da cappucci, che ne proteggono l’identità: sono custodi della loro visibilità. Infatti, nel fare mondo di Mujinga attraverso una molteplicità di media, un posto di risonanza è destinato all’opacità. Più che una condizione, è trattata dal suo pensatore Édouard Glissant [2] come un diritto al riconoscimento delle differenze, e all’accettazione dell incomprensibilità: una de-gerarchizzazione degli approcci universali o sistemici di definizione dell’altro. Le creature che nascono dall’immaginazione di Mujinga, attingono da più reami, non solo quello umano, animale, tellurico, sonoro, sono ibridi storico- naturali che nella mancanza di riconoscimento vedono le premesse di creazione di più mondo.[3] A chi li incontra spetta cosa farne di quello che rappresentano, se ascoltare le voci di questo futuro che torna dal massacro coloniale o lasciarsi bloccare dalla paura per l’alterità.
//
Post your comment
Comments
No one has commented on this page yet.